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Solo l’inesperto Barack può battere Mc Cain

"Sembrava un voto scontato, con i democratici in posizione imbattibile. Invece i repubblicani hanno trovato un candidato che può vincere". Intervista a Filippo Andreatta.

di Giuseppe Frangi

Ai democratici non resta che lasciare via libera ad Obama. Altrimenti, uno come McCain ha serie possibilità di farcela. Questo il punto di vista di Filippo Andreatta sul voto americano. Andreatta, 40 anni, è uno dei più attenti osservatori della politica americana. Insegna Relazioni internazionali all?università di Parma. A lui Romano Prodi aveva affidato due anni fa la stesura del programma di politica estera.
Vita:Qual è l?effettiva novità del fenomeno Obama?
Filippo Andreatta: Queste avrebbero dovuto essere elezioni scontate. La forte impopolarità di Bush, soprattutto in politica estera, dava una grossa chance ai democratici. La selezione delle primarie in realtà ha cambiato le carte in tavola. I repubblicani stanno scegliendo un candidato molto eleggibile, John McCain. Per questo anche i democratici ora dovranno scegliere, fra i due candidati in corsa, quello che ha più probabilità di spuntarla contro McCain. Se dovessimo arrivare al pareggio tra Obama e la Clinton, se i voti degli 800 grandi elettori non eletti – i delegati di diritto della convention del partito -, dovessero pesare, io credo che nonostante la Clinton faccia parte dell?establishment del partito, questo stesso establishment sceglierà Obama. Obama è il cavallo su cui puntare contro i repubblicani. Non è tanto la sua carica innovatrice, quanto il fatto che lui si appella di più all?elettorato mobile di centro. La Clinton invece si porta dietro l?eredità del marito, con un inasprimento dei rapporti fra democratici ed establishment repubblicano.
Vita:Come si spiega la presa di Obama sulle persone?
Andreatta: È un approccio bipartisan efficace, dopo una presidenza che ha molto diviso. Bush è stato molto partisan, si è molto concentrato sui propri elettori e non sull?intero spettro politico. Di questa unità invece oggi l?America sente di aver bisogno. È un fattore decisivo, tant?è che anche McCain è un candidato in forte discontinuità con Bush.
Vita: Come vede l?America dopo il 4 novembre?
Andreatta: Entrambi i candidati democratici avvieranno sicuramente una politica estera più multilaterale, tornando al tradizionale rapporto con gli alleati europei e con il Giappone: questo sia perché i democratici storicamente hanno una maggior propensione al multilateralismo sia perché hanno costruito parte della loro campagna sulla critica all?unilateralismo dell?amministrazione Bush. Se dovesse vincere McCain, ci sarà anche per lui una tendenza a non estremizzare la politica estera, sebbene in lui ci siano anche aspetti bellicosi, di una politica estera militante che potrebbe portare gli Stati Uniti, seppur con una sfumatura multilaterale, ad adottare le classiche linee del partito repubblicano, ponendo l?accento sui problemi nazionali. La presidenza di McCain potrebbe portare paradossalmente anche all?isolazionismo: vedo una grande stanchezza del pubblico sui temi di politica estera. McCain può interpretare benissimo questa voglia degli americani di stare tranquilli.
Vita:C?è un aspetto neokennediano di Obama. La sua capacità di applicare la parola speranza alla vita americana è qualcosa di reale o solo un fattore emotivo?
Andreatta: Obama appartiene a una generazione post ideologica che effettivamente ha la propensione alla ricerca del sogno, perché non riconosce alle ideologie la capacità di qualificare la vita e la politica. In parte è nel suo dna, in parte è una strategia. Obama, come Kennedy, sta cercando di cambiare la coalizione sociale e i supporter democratici, di modificare gli equilibri politici verso il centrosinistra. Non è un caso che i laureati sostengano Obama: ha un appeal forte sulle classi dirigenti. È la Clinton ad avere dalla sua l?elettorato tradizionale dei democratici, le minoranze etniche, afroamericane a parte. Obama invece ha fatto nuove alleanze, come ha fatto anche Kennedy, ed è questo che potrebbe dargli una chance in più.
Vita:Il fattore religioso come giocherà questa volta?
Andreatta: Tutti è tre i candidati sono credenti, ovviamente c?è l?aspetto multiconfessionale del melting pot. Tuttavia il fattore religioso non avrà un grosso impatto sulla corsa dei democratici, mentre sul fronte repubblicano McCain sta cominciando solo ora a corteggiare la destra religiosa, a cui non appartiene. Sicuramente però sarà un fattore meno determinante rispetto alle ultime due elezioni.
Vita:Questo è un fattore di novità che disegna un?America meno estremizzata?
Andreatta: Sì, con il prossimo presidente ci potrebbe essere una grossa riconciliazione fra gli americani. Questo però dipende molto da quel che uscirà dalle primarie democratiche: la candidatura della Clinton renderebbe estremamente difficile per un repubblicano votarla. Obama, invece, arrivando così fresco non ha avuto modo di incrociare le spade con i repubblicani e in più il suo programma è sicuramente più moderato. Meno preciso, forse, e questo è il suo limite: l?inesperienza che diventa mancanza di precisione, di affidabilità, di capacità di mantenere le posizioni. Per esempio sul tema che più dovrebbe rivoluzionare gli Usa, l?assistenza obbligatoria per tutti, la Clinton ha preso posizione in tempi non sospetti, quando era presidente suo marito, e in maniera più precisa. Ma l?esperienza non determina se uno sarà un buon presidente o no: il vento di novità di Obama potrebbe essere una cosa buona per gli Usa.


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